Nero su bianco si legge chiaramente che l'8,7% dei 955 milioni di account attivi sono irregolari. Nello specifico si parla di profili doppi (4,8%), utenze personali per aziende e animali (2,4%), nonché account indesiderati (1,5%) - di solito spammer. Insomma, la lista degli account illegittimi rischia di macchiare la credibilità pubblicitaria del colosso. Già, perché i numeri dell'audience sono chiave per qualsiasi contrattazione marketing. Non meno importanti i conteggi dei "Mi piace", gli accessi, la permanenza, etc.

Fake o bogus, la sostanza è quella
In verità la querelle sulle utenze fake è nota da tempo ma la dirigenza Facebook ha sempre negato che potesse trattarsi di un problema. Ora che l'azienda è quotata al Nasdaq però non si transige più su questi dettagli con implicazioni economiche. Sopratutto considerando la forte crescita nei paesi emergenti come Indonesia e Turchia. Per altro gli inserzionisti hanno iniziato a domandare a Facebook di comprovare la veridicità dei click sulle rispettive campagne pubblicitarie e banner. E se per primo il colosso sostiene che la maggior parte dei ricavi proviene dalla pubblicità, è evidente che tutta l'attenzione rivolta alla questione diventa sostanziale.Un distributore digitale come Limited Press si è già messo sul piede di guerra dichiarando che l'80% dei click ricevuti proviene da account fasulli, soprattutto originati da Medio Oriente e Asia. "I bots accedono alle pagine e incrementano i nostri costi pubblicitari. Per questo abbiamo contattato Facebook ma sfortunatamente non hanno replicato", si legge nel comunicato di Limited Press. Già, ma l'outing è avvenuto prima che scoppiasse lo scandalo SEC; adesso il pallino è nelle mani di Zuckerberg.
E intanto le azioni calano: dai 35 dollari dell'IPO di maggio, ieri sono stati toccati i 20,04 dollari.
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